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LOCARNO 2023 Concorso

Laura Ferrés • Regista di The Permanent Picture

"Non mi interessa fare film autobiografici, passo già abbastanza tempo con me stessa"

di 

- La regista catalana ha realizzato con un mix di generi un ritratto sperimentale di donne di diverse generazioni

Laura Ferrés  • Regista di The Permanent Picture

Il primo lungometraggio della regista catalana Laura Ferrés è stato presentato nel concorso internazionale del Locarno Film Festival. The Permanent Picture [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Laura Ferrés
scheda film
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  è stato realizzato con un cast di attrici non professioniste, ma comunque di grande effetto. Abbiamo incontrato la regista e le abbiamo chiesto di parlarci del suo approccio alla storia raccontata, del contesto sociale e storico e di come rappresenta il passare del tempo.

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Cineuropa: Perché hai voluto raccontare questa storia?
Laura Ferrés: Il film cerca di dipingere un ritratto delle persone che da luoghi della Spagna come l'Andalusia sono venute in Catalogna per trovare lavoro. È stato un grande spostamento demografico del dopoguerra. È andata così anche per i miei nonni. Non ho conosciuto mio nonno, ma sono cresciuta con mia nonna. Come molte persone della sua generazione, non amava parlare di ciò che era accaduto durante la guerra o nel periodo successivo, ma cantava. E attraverso le sue canzoni ho imparato a conoscere questo contesto, dato che molte di esse erano canzoni repubblicane. La situazione dei miei protagonisti è simile a quella di mia nonna, ma il film è di finzione. Vuole essere una riflessione sul tempo che passa. Concretamente, si tratta dell'idea dell'eterno ritorno, se tutto si ripete in forma fisica. Il film ha una dimensione tragica, ma anche la commedia è molto importante per rappresentare gli assoluti della vita. Ho voluto mescolare gli aspetti antropologici con la volontà di creare un insieme di immagini e simboli con regole proprie, in modo che gli elementi della realtà fossero mascherati.

Sul tema del passaggio generazionale, perché era importante per te concentrarti su personaggi femminili?
Per molte ragioni. Ad esempio, il cortometraggio che ho realizzato prima era basato sulle esperienze di vita di mio padre. Mi è sembrato naturale concentrarmi su protagoniste femminili. Poi, come ho detto, il punto di partenza è stato ispirato da mia nonna. Inoltre lavoro come direttrice di casting per la pubblicità e mi ero stancata di vedere quelle donne nella fiction. Questa era un'opportunità per mostrare altri tipi di donne, che magari vediamo per strada ma non sullo schermo. Non si trattava solo di volti, ma anche di accenti. Nel film, i personaggi parlano lo spagnolo standard con diversi accenti di regioni specifiche. Volevo mostrare la realtà delle persone normali, che differisce da quella che, ad esempio, la televisione in Spagna ci impone.

Cosa hai inserito nella sceneggiatura riguardo al rapporto con tua nonna?
Le sue canzoni appaiono nel film, cantate da qualcun altro. È un misto di cose basate su sentimenti e circostanze reali e di finzione. Non mi interessa fare film autobiografici; passo già abbastanza tempo con me stessa. Faccio film anche per poter conoscere qualcun altro. Quindi mi piace passare più tempo possibile con gli attori che interpretano i ruoli. Ma è abbastanza normale che la propria vita si rifletta su ciò che si scrive, e ho trascorso cinque anni sul progetto.

Perché hai scelto il motivo della fotografia?
Sono un'appassionata di fotografia. Quando ho scoperto che c'è stato un momento in cui le persone scattavano foto cercando di fare ritratti di famiglia con i loro familiari deceduti, l'ho trovato affascinante. La fotografia e il cinema hanno la capacità di essere testimoni di qualcosa. Ho quindi pensato che fosse un punto di partenza interessante per raccontare questa storia. Nel film ci sono molte immagini permanenti - immagini che rimangono, che sono echi del passato e che si ripetono costantemente. Volevo usare la ripetizione per dare la sensazione di essere in una sorta di loop.

E cosa simboleggia la banana?
La banana è un elemento che si ripete. Non so se le cose debbano essere molto chiare nelle loro intenzioni o se debbano essere lasciate all'interpretazione del pubblico. Ma, a grandi linee, potremmo dire che la banana all'inizio della storia è qualcosa che non esiste davvero, qualcosa di desiderato in una realtà sociale molto povera. Più tardi, con il passare del tempo, diventa qualcosa di accessibile. Credo che sia vero per l'intera idea del film: questo processo porta a una vita che si è desiderata, che diventa sempre più tangibile. A volte i fantasmi e le fantasie diventano reali, altre volte no.

Come avete trovato le attrici?
È stato un processo lungo perché volevamo gente di strada. Quindi abbiamo dovuto cercare nei posti giusti. Ho incontrato per caso in un bar Rosario Ortega, che interpreta Antonia, e dal veterinario Mara Luengo, che interpreta Carmen.

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(Tradotto dall'inglese)

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